lunedì 17 gennaio 2011

Assisi III: Il prof. Corrado Gnerre replica alle non-ragioni del dott. Tornielli



Appello di alcuni cattolici per evitare una nuova "Assisi"

L’11 gennaio scorso sulle pagine del quotidiano Il Foglio è comparso un appello a Sua Santità Benedetto XVI affinché receda dalla partecipazione al venticinquennale del raduno interreligioso di Assisi che si terrà il prossimo ottobre. L’appello è stato firmato da sei intellettuali cattolici, tra cui, oltre Francesco Agnoli, Roberto de Mattei, Mario Palmaro, Alessandro Gnocchi, Camillo Langone, Lorenzo Bertocchi, Luisella Scrosati e Katharina Stoltz, vi è anche  Corrado Gnerre, iniziatore de Il Cammino dei Tre Sentieri.
Ciò che ha stupito è che l’appello è stato attaccato -come era prevedibile- non solo dalle componenti più progressiste, ma anche da alcuni ambienti che hanno sempre tenuto a cuore la difesa della Tradizione cattolica.
Nel primo caso si è distinto sul Corriere della Sera lo storico Alberto Melloni, esponente di quella “Scuola di Bologna” spesso critica e per nulla docile alle indicazioni magisteriali. Nel secondo caso annoveriamo la posizione del giornalista Andrea Tornielli, che , dalle colonne de Il Giornale, ha pubblicato un articolo dallo sprezzante titolo: I prof che insegnano la teologia al Papa. Accusa che dispiace perché il tenore dell’appello non ha nulla di saccente.
Si è trattato invece di un appello che non solo ringrazia il Pontefice perciò che finora ha fatto e sta facendo, non solo non mette in discussione o in dubbio le ottime intenzioni che hanno spinto Benedetto XVI ad una decisione del genere, ma che si limita, indicando anche il magistero precedente, a porre in rilievo, soprattutto considerando ciò che è accaduto nel 1986, il rischio che un tale raduno possa ingenerare scandalo e confusione alimentando ormai troppo diffusi sincretismi e relativismi religiosi.
Corrado Gnerre, in coscienza, con il doveroso rispetto e ribadendo la dovuta obbedienza al Sommo Pontefice,  ha avvertito la necessità di intervenire e di sottoscrivere, convinto che la salvezza di una sola anima costituisca un valore ben più importante della possibilità di scongiurare qualsiasi rischio di possibili conflitti.
Sempre Andrea Tornielli da La Bussolaquotidiana.it ha scritto: "Il Papa ha indicato quest’anno la libertà religiosa come via indispensabile per costruire la pace, pochi giorni fa ha ricordato che non si può negare «il contributo delle grandi religioni del mondo allo sviluppo della civiltà». Il successore di Pietro ritiene che l’umanità oggi stia vivendo un momento così difficile da giustificare anche i rischi di un Assisi III."


In risposta Gnerre afferma:

Caro Tornielli, certamente il Papa ha tante ottime intenzioni per indire un Assisi III, ma tali intenzioni non possono essere poste come lei le presenta. 

Lei dice che un eventuale rischio di un Assisi III sarebbe giustificato dall'attuale momento difficile dell'umanità.

Ma si rende conto di cosa in questo caso significa la parola "rischio"? La dottrina cristiana ha sempre affermato che il rischio che possa scandalizzarsi (e quindi perdersi) anche una sola anima è infinitamente più grave del rischio perfino di una guerra planetaria? Gesù dice chiaramente di non temere coloro che possono uccidere il corpo, bensì di coloro che possono uccidere l'anima. Lo scandalo è molto più grave di ogni possibile catastrofe!

Certamente non tutte le occasioni di scandalo possono definirsi "prossime", ma considerato ciò che è già avvenuto nei raduni interreligiosi scorsi, dove non ci si è limitati a umanamente dialogare per discutere insieme sull'importante valore della pace, bensì a pregare insieme, il rischio che possa ancor più diffondersi l'ormai già tanto diffusa convinzione che tutte le religioni si equivalgano penso proprio che possa esserci. 

Caro Tornielli, l'esperienza che mi tocca quotidianamente non è quella di descrivere la realtà e di interpretarla dalle colonne di un importante quotidiano, ma, essendo docente, di trovarmici dentro: a contatto quotidiano con ragazzi che di certo non formano i loro giudizi andando alle fonti o leggendo integralmente i discorsi del Papa, bensì informandosi con ciò che i media dicono o -ancor peggio- con il 'passa-parola' e i 'si-dice'.

Mi creda: vorrei davvero sbagliarmi. Per adesso, però, in coscienza mi sono sentito di rendere pubblica questa mia preoccupazione.

Lei mi definisce come uno dei prof che ha avuto la pretesa di insegnare la teologia a Papa. No, lungi da me insegnare qualcosa a Colui che la Provvidenza ha posto a capo della Chiesa. Non mi si chieda però di stare in silenzio dinanzi alla crisi della vita cristiana, non mi si chieda di non far nulla dinanzi al triste spettacolo di tanti giovani che, disorientati, percorrono la via del peccato... forse anche perché molti di noi, ormai da troppo tempo, siamo incapaci di presentare in maniera davvero affascinante e persuasiva l'incontro esclusivo con Cristo, che non è una via, una verità e una vita, ma la Via, la Verità e la Vita."   

Offriamo a tutti i nostri amici, che non avessero già avuto la possibilità di leggerlo, il testo integrale dell’appello. 
Santo Padre Benedetto XVI, siamo alcuni cattolici gratissimi dell’opera da Lei compiuta come pastore della Chiesa universale in questi anni; riconoscenti per la sua grande valutazione della ragione umana, per la concessione del motu proprio “Summorum pontificum”, per il Suo proficuo rapporto con gli Anglicani che ritornano all’unità, e per molto altro ancora.
Abbiamo preso il coraggio di scriverle dopo aver sentito, proprio nei giorni del massacro dei cristiani copti in Egitto, dell’ intenzione di convocare ad Assisi, per il mese di ottobre, un grande raduno interreligioso, venticinque anni dopo “Assisi 1986”.

Tutti noi ricordiamo quell’evento di tanti anni fa. Un evento anche mediatico come pochi, che, a prescindere dalle intenzioni e dalle dichiarazioni di chi lo convocò, ebbe un contraccolpo innegabile, rilanciando, proprio nel mondo cattolico, l’indifferentismo ed il relativismo religioso.

Proprio da quell’avvenimento prese vigore presso il popolo cristiano l’idea che l’insegnamento secolare della Chiesa, “una, santa cattolica e apostolica”, sull’unicità del Salvatore, fosse in qualche modo da archiviare.

Tutti noi ricordiamo rappresentanti di tutte le religioni in un tempio cattolico, la chiesa di Santa Maria degli Angeli, allineati con in mano un ramoscello di ulivo: quasi a significare che la pace non passa da Cristo ma, indistintamente, da tutti i fondatori di un credo, quale che esso sia (Maometto, Budda, Confucio, Kalì, Cristo…).

Ricordiamo la preghiera dei mussulmani in Assisi, cioè nella città di un santo che aveva fatto della conversione degli islamici uno dei suoi obiettivi. Rammentiamo la preghiera degli animisti, la loro invocazione degli spiriti elementali, e quella di altri credenti o di rappresentanti di religioni atee come il giainismo.

Quel pregare “insieme”, qualsiasi fosse il fine, volenti o nolenti ebbe l’effetto di far credere a molti che tutti pregassero “lo stesso Dio”, solo con nomi diversi. Invece le Sacre Scritture parlano chiaro: “Non avrai altro Dio all’infuori di me” (I comandamento); “Io sono la Via, la Verità e la Vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14, 6).

Chi scrive non nega certamente il dialogo, con ogni persona, di qualsiasi religione essa sia. Viviamo nel mondo, e tutti i giorni parliamo, discutiamo, amiamo, anche chi non è cristiano, perché ateo, incerto, o di altre religioni. Ma questo non ci impedisce di credere che Dio stesso sia venuto sulla terra, e si sia fatto uccidere, per insegnarci, appunto, la Via e la Verità, e non solo una delle tante e possibili vie e verità. Cristo è per noi cristiani il Salvatore: l’Unico Salvatore del mondo.

Ricordiamo dunque con sgomento, tornando a quell’avvenimento di venticinque anni fa, i polli sgozzati sull’altare di santa Chiara secondo riti tribali e la teca con una statua di Budda posta sopra l’altare della chiesa di san Pietro, sopra le reliquie del martire Vittorino, ammazzato, 400 anni dopo Cristo, per testimoniare la sua fede.

Ricordiamo i sacerdoti cattolici che si sottoposero a riti iniziatici di altre religioni: una scena raccapricciante, dal momento che, se è “sciocco” battezzare nella fede cattolica una persona adulta che non vi crede, altrettanto assurdo è il fatto che un sacerdote cattolico si sottoponga a un rito cui non riconosce alcuna validità né utilità. Così facendo si finisce infatti solo per far passare una idea: che i riti, tutti, non siano altro che vuoti gesti umani. Che tutte le concezioni del divino si equivalgano. Che tutte le morali, che da ogni religione promanano, siano intercambiabili.

Ecco, quello “spirito di Assisi”, su cui poi i media e i settori della Chiesa più relativisti ricamarono a lungo, gettò confusione. Ci sembrò estraneo al Vangelo e alla Chiesa di Cristo, che mai, in duemila anni, aveva scelto di fare altrettanto. Avremmo voluto riscrivere, allora, queste ironiche osservazioni di un giornalista francese: “In presenza di tante religioni, si crederà più facilmente o che esse sono tutte valide o che sono tutte indifferenti; vedendo così tanti dei, ci si chiederà se tutti non si equivalgono o se ce n’è uno solo vero. Il parigino beffardo (scettico ed ateo, ndr) imiterà quel collezionista scettico, il cui amico aveva appena fatto cadere un idolo da una mensa: ‘Ah! Disgraziato, poteva essere il Dio vero’”.

Trovammo conforto, allora, alle nostre perplessità, in tantissime dichiarazioni di pontefici che avevano sempre condannato un siffatto “dialogo”. Un Congresso di tutte le religioni era stato già organizzato, infatti, a Chicago, nel 1893, e a Parigi, nel 1900. Ma papa Leone XIII era intervenuto a vietare qualsiasi partecipazione cattolica.

Lo stesso atteggiamento tenne Pio XI, il papa che condannò l’ateismo comunista e quello nazionalsocialista, ma che deplorò nel contempo il tentativo di unire gli uomini in nome di un vago e indistinto senso religioso, senza Cristo. Scriveva quel papa nella sua “Mortalium animos” (Epifania del 1928), proprio a riguardo dei congressi ecumenici: “Persuasi che rarissimamente si trovano uomini privi di qualsiasi sentimento religioso, sembrano trarne motivo a sperare che i popoli, per quanto dissenzienti gli uni dagli altri in materia di religione, pure siano per convenire senza difficoltà nella professione di alcune dottrine, come su un comune fondamento di vita spirituale.

Perciò sono soliti indire congressi, riunioni, conferenze, con largo intervento di pubblico, ai quali sono invitati promiscuamente tutti a discutere: infedeli di ogni gradazione, cristiani, e persino coloro che apostatarono da Cristo o che con ostinata pertinacia negano la divinità della sua Persona e della sua missione. Non possono certo ottenere l’approvazione dei cattolici tali tentativi fondati sulla falsa teoria che suppone buone e lodevoli tutte le religioni, in quanto tutte, sebbene in maniera diversa, manifestano e significano egualmente quel sentimento a tutti congenito per il quale ci sentiamo portati a Dio e all’ossequente riconoscimento del suo dominio. Orbene, i seguaci di siffatta teoria, non soltanto sono nell’inganno e nell’errore, ma ripudiano la vera religione depravandone il concetto e svoltano passo passo verso il naturalismo e l’ateismo…”.

Col senno di poi, possiamo dire che Pio XI aveva ragione, anche solo sul piano della mera opportunità: quale è stato, infatti, l’effetto di “Assisi 1986”, nonostante le giuste dichiarazioni di papa Giovanni Paolo II, volte ad impedirne una simile interpretazione?

Qual è il messaggio che hanno rilanciato talvolta gli stessi organizzatori, i media, ed anche non pochi ecclesiastici modernisti, ansiosi di ribaltare la Tradizione della Chiesa?

Ciò che è passato, presso moltissimi cristiani, tramite le immagini, che sono sempre le più evocative, e tramite i giornali e le tv, è molto chiaro: il relativismo religioso, che è poi l’equivalente dell’ateismo.

Se tutti pregano “insieme”, hanno concluso in tanti, allora le religioni sono tutte “uguali”: ma se così è, significa che nessuna di esse è quella vera.

A quell’epoca, Lei, cardinale e prefetto della Congregazione della Fede, insieme al cardinal Giacomo Biffi e a tanti altri, fu tra coloro che espressero forti perplessità.

Per questo, negli anni successivi, non partecipò mai alle repliche proposte ogni anno dalla Comunità di Sant’Egidio. Infatti, come Lei ha scritto in “Fede, verità e tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo” (Cantagalli, 2005), proprio criticando l’ecumenismo indifferentista, al cattolico “deve risultare nettamente che non esistono ‘le religioni’ in generale, che non esiste una comune idea di Dio e una comune fede in Lui, che la differenza non tocca unicamente l’ambito della immagini e delle forme concettuali mutevoli, ma le stesse scelte ultime..”.

Lei concorda perfettamente, dunque, con Leone XIII e con Pio XI sul pericolo di contribuire, con gesti come quelli di “Assisi 1986”, al sincretismo ed all’indifferentismo religioso.

Rischio messo in luce anche dai padri conciliari del Vaticano II, che in Unitatis Redintegratio, a proposito, si badi bene, dell’ecumenismo non con le altre religioni, ma con gli altri “cristiani”, invitavano alla prudenza: “Tuttavia la comunicazione nelle cose sacre non la si deve considerare come un mezzo da usarsi indiscriminatamente per il ristabilimento dell’unità dei cristiani…”.

Lei ha insegnato, in questi anni, non sempre compreso neppure dai cattolici, che il dialogo avviene e può avvenire non tra diverse teologie, ma tra diverse culture; non tra le Fedi, ma tra gli uomini, alla luce di ciò che tutti ci contraddistingue: la ragione umana.

Senza ricreare l’antico Pantheon pagano; senza che l’integrità della Fede venga messa a repentaglio dall’amore per il compromesso teologico; senza che la Rivelazione, che non è nostra, venga rimaneggiata dagli uomini e dai teologi intenti a conciliare l’inconciliabile; senza che Cristo, “segno di contraddizione”, debba essere messo sullo stesso piano di Budda o di Confucio, che tra il resto non dissero mai di essere Dio.

Per questo siamo qui a esporLe la nostra preoccupazione. Temiamo che qualsiasi cosa Lei dirà, tv, giornali e tanti cattolici interpreteranno alla luce del passato e dell’indifferentismo imperante; che qualsiasi cosa affermerà, l’evento sarà letto come la continuazione della manipolazione della figura di Francesco, trasformato, dagli ecumenismi odierni, in un irenista e in un sincretista senza fede. Sta già succedendo…

Abbiamo paura che qualsiasi cosa Lei dirà, per fare chiarezza, i fedeli semplici, come siamo anche noi, in tutto il mondo non vedranno (e non gli sarà fatto vedere, ad esempio in tv) altro che un fatto: il vicario di Cristo non che parla, discute, dialoga con i rappresentanti di altre religioni, ma che prega con loro. Come se il modo e l’obiettivo della preghiera fossero indifferenti.

E molti, sbagliando, penseranno che anche la Chiesa ormai ha capitolato, ed ha riconosciuto, in sintonia con la mentalità new age, che pregare Cristo, Allah, Budda o Manitù sia la stessa cosa. Che la poligamia islamica e animista, le caste induiste o lo spiritismo politeista animista… possano stare insieme alla monogamia cristiana, alla legge dell’amore e del perdono ed al Dio Uno e Trino.

Ma come ha scritto sempre Lei, nel libro citato: “Con l’indifferenziazione delle religioni e con l’idea che esse siano tutte sì distinguibili, e tuttavia propriamente uguali, non si avanza”. Santo Padre, noi pensiamo che con una nuova “Assisi 1986” nessun cristiano in terre d’Oriente verrà salvato: né nella Cina comunista, né in Corea del nord, né in Pakistan o in Iraq… tanti fedeli, invece, non capiranno più perché proprio in quei paesi c’è ancora oggi chi muore martire per non rinnegare il suo incontro non con una religione, ma con Cristo. Come sono morti gli stessi apostoli.

Di fronte alla persecuzione, ci sono vie politiche, diplomatiche, dialoghi personali e di Stato: si seguano tutte, nel modo migliore possibile. Con la Sua amorevolezza e il Suo desiderio di pace per tutti gli uomini.

Ma senza che sia possibile a chi vuole confondere le acque e rilanciare il relativismo religioso, anticamera di ogni relativismo, una opportunità, anche mediatica, così ghiotta come la “riedizione” di “Assisi 1986”.

Con devozione filiale

Francesco Agnoli, Lorenzo Bertocchi,
Roberto de Mattei, Corrado Gnerre,
Alessandro Gnocchi, Camillo Langone,
Mario Palmaro, Luisella Scrosati,
Katharina Stolz

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