mercoledì 5 gennaio 2011

Lutero ci ha insegnato a leggere la Bibbia ? Ma va là...!


di Fabio Sansonna.

Se si entra in una chiesa  ai giorni nostri è sempre più difficile incontrare un prete “per chiacchierar” come  diceva la canzone Azzurro, o per confessarsi, mentre spesso ci si trova davanti ad un leggìo con la Parola di Dio, comodo escamotage per evitare l’incontro con persone reali e chiudersi nella propria stanza. Così la giusta devozione verso la Parola di Dio rischia di diventare a un tempo idolatria e facile delega. 
Oltretutto anche in ambiti cattolici si è diffusa la idea secondo cui senza Lutero non avremmo conosciuto la Bibbia e si arriva a proporre studi “sulle orme di Lutero”, rievocando il nome  di una  nota agenzia  di viaggi in Germania. Certamente anche Lutero può essere oggetto di studi, ma sulle orme  di Cristo, unico modello di santità, cosa che non si può certo dire di Lutero, la cui scomunica non è mai stata revocata. Nella Vita di S. Teresa d’Avila si legge di tristezza della  santa per la visione di anime perdute di luterani (cap 32).Gli slogan oggi più diffusi sono: “Ma Lutero ci ha insegnato a leggere la Bibbia” come pure “la Chiesa Cattolica  ne ha proibito la lettura per quattro secoli”. Si rimane davvero sconcertati davanti a questi pregiudizi sommari e  antistorici verso la Chiesa del passato, ormai additata sistematicamente come responsabile  di tutto il male del mondo. Sono perciò più che mai opportune alcune precisazioni per ricollocare certe decisioni del passato ecclesiale al contesto storico che le ha generate, e rispettare la valenza che avevano in quel contesto. Innanzitutto la Bibbia  i cristiani la sapevano leggere  da  quindici secoli, perché se Lutero l’ha conosciuta è grazie alla Chiesa Cattolica. Egli poi l’ha interpretata a modo suo, a volte  alterandone il testo pur di farlo corrispondere alla  sua  visione intellettuale e alla  sua situazione interiore.  Ad esempio, la “sola fide “ è sua invenzione, S.Paolo non l’ha mai detto (disse invece : “..l’uomo è giustificato per la fede…” in Romani 3,28).
 “La fede senza le opere è vana “dice la lettera di S. Giacomo il Minore (2,14), certamente  opere che siano conseguenza ed espressione della fede, non qualsiasi opera. “Dai frutti conoscerete l’albero” dice il Vangelo e i frutti della scelta di Lutero sono stati: l’eliminazione di quasi tutti i sacramenti e della Messa, lo scoppio di sanguinose guerre civili che nemmeno Lutero riuscì più a controllare, il frammentarsi dell’unità ecclesiale e culturale europea, lo scisma protestante che è servito poi da supporto ideologico per la nascita della borghesia e del capitalismo, la soppressione di fatto della  libertà religiosa con il principio  del “ cuius regio eius religio”. Pare infine che Lutero, ubriacatosi, si sia impiccato gridando disperato a Bora che cercava di ricondurlo sulla retta  via: “non c’è più posto per noi in cielo”. Intanto si diffondevano Bibbie in volgare, senza note a piè di pagina, e mutilate dei 7 libri deuterocanonici scritti in ambiente ellenistico, libri che tra l’altro ai tempi di Gesù venivano letti nelle sinagoghe. Davanti a tutta questa frammentazione la Chiesa Cattolica doveva pur adottare delle misure: “occorreva…salvaguardare la tradizione…da questa preoccupazione nacquero diverse misure adottate dal Concilio di Trento. Il decreto sull’autenticità della Volgata latina e la proibizione di leggere la Scrittura nelle traduzioni in lingua volgare che non fossero accompagnate da brevi spiegazioni conformi alla dottrina cattolica. Nulla di più sapiente di queste misure …”. (Dom Célestin Charlier. La lettura cristiana della Bibbia. Ed Paoline , Roma  1979).
Quindi non è vero  che la Chiesa Cattolica  abbia “tout court” proibito la lettura della Bibbia per quattro secoli, ha  proibito la lettura  delle Bibbie incomplete e non corredate  da note, Bibbie che si diffondevano ovunque. Infatti la Bibbia protestante, come quella ebraica, comprende solo 38 libri dell’Antico Testamento, mentre quella tradizionale cattolica ne comprende 45. Almeno la Chiesa Cattolica  quando fa leggere la Bibbia la fa  leggere integralmente ! Circa un secolo dopo anche la Chiesa Ortodossa diede ragione al Concilio di Trento  riguardo ai  7 libri deuterocanonici dell’Antico Testamento.Occorre sottolineare poi che  fino al secolo XIX circa il 90% della  popolazione era rimasta analfabeta, malgrado il tanto decantato Illuminismo, rivelatosi un privilegio borghese per pochi,  e quindi la gente non poteva avere come esigenza primaria quella di leggere le Scritture, che  venivano loro spiegate  attraverso la Messa, le missioni popolari, gli oratori e le stesse opere d’arte. Questa conoscenza biblica comunitaria trasmessa oralmente è giunta fino ai nostri nonni, che conoscevano molto bene la Bibbia pur non avendola letta direttamente, forse meglio di noi che  oggi sì possiamo leggerla (e “possiamo” soprattutto perché siamo ormai tutti alfabetizzati, più che per altri motivi!), ma raramente la facciamo diventare esperienza di vita  come le generazioni passate. La gente per secoli ha  quindi avuto ben altre esigenze e bisogni reali che avere l’accesso diretto alle Scritture, essendo illetterata e soggetta a frequenti epidemie che la Chiesa ha coraggiosamente affrontato suscitando opere, le opere assistenziali degli ordini ospedalieri (Camilliani, Fatebenefratelli…) dopo il Concilio di Trento.
 “La fede senza le opere è vana” e leggere  la Bibbia  senza accorgersi di bisogni reali della gente è vano. Se poi pensiamo alle invasioni napoleoniche, alle insorgenze  dei cattolici, alle guerre d’indipendenza, e al fatto che dopo il 1860, con l’unità d’Italia, circa metà della  popolazione  italiana è stata costretta ad emigrare in condizioni miserrime, ci si rende conto di quali fossero i bisogni reali della maggioranza della popolazione di allora: per loro la Bibbia vivente in America si sarebbe chiamata madre Francesca Cabrini, e in Italia  le Società di Mutuo Soccorso, S. Giovanni Bosco, S. Giuseppe  Cafasso ecc…Non risulta poi che Cristo abbia  fatto un esame di conoscenza biblica prima di chiamare gli apostoli e inviarli ad annunciare il Vangelo. “Quattro apostoli erano pescatori, uno era esattore di bassa categoria, due erano contadini e uno si dice che fosse un giardiniere” afferma il neo-beato cardinal J.H. Newman (Grammatica X, 2,9). Probabilmente la maggioranza degli apostoli aveva una conoscenza della Bibbia  che derivava dalla frequenza in sinagoga, una conoscenza come la possono avere i cristiani che oggi vanno a Messa la domenica. Di questi tempi sembra quasi invece che senza un preliminare corso biblico non ci si possa più dire cristiani, e la conoscenza biblica sia una “ conditio sine qua non “ per essere promossi ad  annunciare il Vangelo. Ma non è stato così nel Vangelo e nella storia della Chiesa. S. Francesco addirittura  proibiva  ai frati di leggere libri, eppure… li mandava prima a curare i lebbrosi e poi a predicare !
Lo stesso Cristo fa capire che  chi conosce Lui conosce la Bibbia, che Lui è la sintesi delle Scritture  (Gv 5, 39), come oggi lo sono i sacramenti e la vita della Chiesa. Scrutare le Scritture per rivolgerle contro Cristo e la Chiesa rivela una  scorrettezza  di metodo. Certamente si può e si deve criticare, ma coscienti dell’appartenenza, amando la Chiesa, perché la regola della Chiesa è l’amore, non l’efficienza. Conoscere la Bibbia certo è necessario, ma non può essere un’astratta esigenza  intellettuale, bensì la conseguenza di un incontro reale e di una comunione vissuta  nell’appartenenza ad una comunità obbediente all’autorità. Non può diventare il pretesto per un’autonomia, pretesto facile da trovare perchè nella Bibbia c’è scritto tutto e il contrario di tutto.  Infatti anche il Concilio Vaticano II  ribadisce che: “ L’ufficio poi di interpretare autenticamente la parola di Dio scritta  o trasmessa è affidato solo al Magistero vivo della Chiesa” (Dei Verbum 10, b).



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