martedì 22 febbraio 2011

Istruzione sul motu proprio. Aggiornamenti con notizie a dir poco pessime.



Nel giorno della Cattedra di San Pietro, giorno previsto come data di approvazione formale, da parte del Sommo Pontefice, dell’Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede sul motu proprio, ci viene confermato ulteriormente da diverse fonti fededegne che il "documento Levada" d’interpretazione del Motu Proprio è un testo deludente, un incontestabile annacquamento del "documento Pozzo" anteriormente preparato. La paura maggiore è che il nuovo testo dia un cattivo segnale di incoraggiamento a quei vescovi che - e sono la maggioranza - sono ostili ad una interpretazione non minimalistica del motu proprio.

Ma vediamo la storia di queste attesissime istruzioni. Esse sono in cantiere da oltre tre anni, da subito dopo l’emanazione del motu proprio, nel quale erano già preannunziate: l’art. 11 prevede infatti che la Commissione Ecclesia Dei avrà "la forma, i compiti e le norme di comportamento che il romano Pontefice le vorrà attribuire".

Una prima versione di Istruzione o decreto applicativo era già "sul tavolo del Papa" nel febbraio 2008: così letteralmente assicurò al sottoscritto mons. Perl, allora Segretario della Commissione Ecclesia Dei. Si trattava di una redazione buona, certo, ma tutt’altro che eccezionale e lasciava molte questioni e lacune aperte; fu quindi, per questi buoni motivi, ripresa in mano.

L’esperienza dell’Ecclesia Dei in questi anni di fronte all’inesauribile opposizione episcopale, ma anche il rafforzamento degli effettivi della Commissione con collaboratori che proprio dal mondo della Tradizione provenivano, ha portato alla stesura di una seconda bozza, che chiamiamo per brevità "documento Pozzo" (dal nome dell’attuale Segretario della Commissione, sotto la cui supervisione questa seconda bozza di Istruzione applicativa è stata redatta). Tutte le informazioni concordano nel definire questo testo come eccellente, in grado di appianare molte difficoltà applicative del motu proprio e di fornire le ali al testo papale, attualmente tarpato nella sua concreta realizzazione.

Ma forse quel "documento Pozzo" era troppo bello per poter giungere in porto. Non si deve dimenticare che uomini come i cardinali Re, Arinze, Kasper, Tauran, fanno parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, e non sono certo favorevoli ad una applicazione "larga e generosa" del motu proprio. Con loro (e con lo stesso Prefetto della Congregazione, il card. Levada) le lamentele di vescovi e episcopati sfavorevoli ad una larga interpretazione hanno trovato orecchie compiacenti.

Oltre la questione dei riti latini diversi dal romano e quella delle ordinazioni (punti sui quali il contenuto restrittivo da noi anticipato ha ricevuto l’autorevole conferma di Andrea Tornielli, salvo per i riti degli ordini religiosi), ci sono diversi altri punti – già risolti molto favorevolmente dal "documento Pozzo " – che sono posti in causa da questa terza stesura del testo dell'Istruzione, stesura che abbiamo definito "documento Levada". In particolare, la definizione di coetus fidelium (art. 5 § 1); la questione del prete idoneus e la sua designazione da parte del parroco stesso per la celebrazione in forma straordinaria (art. 5 § 4); le possibilità di ricorso dei fedeli ai quali sia rifiutata una celebrazione in forma straordinaria (art. 7).

Viene ammesso Oltretevere che le indiscrezioni finora trapelate erano fondate: proprio mons. Scicluna, Promotore della Fede, è stato uno degli ‘artefici’ tecnici del "documento Levada". Non che Scicluna o lo stesso Levada (nonostante alcune sue originali liturgie come vescovo di S. Francisco) siano due progressisti; la loro lealtà al Papa, inoltre, è del tutto fuori discussione. Ma nondimeno, il motu proprio "is not their cup of tea", potremmo dire visto che sono entrambi anglofoni.

Il punto sensibile di tutta questa querelle sull’interpretazione del motu proprio è stato proprio questo: a causa della discussa gestione del caso Williamson, il Papa ha tolto alla Commissione Ecclesia Dei la sua autonomia, integrandola all’interno della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cui Prefetto è diventato anche Presidente della Commissione. L’Ecclesia Dei, in questo modo, è divenuta una mera articolazione del dicastero che Joseph Ratzinger ha presieduto per decenni. Sennonché il Papa non è più Prefetto del Sant’Uffizio e la supervisione sulla liturgia tradizionale è così ricaduta sul cardinal Levada, il quale ha una ben diversa sensibilità liturgica. Donde il problema attuale.

Enrico
 

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