sabato 28 gennaio 2012

Omosessualità tra atto esistente in natura e atto conforme alle leggi di natura.




I testi dell'epoca romana o di poco posteriori si dilungano molto sull'argomento dei valori tradizionali e sulla degenerazione dei costumi sessuali, anche a causa del dilagare in Roma della cultura greca. Preziose informazioni in questo senso si ricavano dai testi di Tacito, Seneca, Giovenale (satira VI), Petronio e altri scrittori coevi. Naturalmente non vi è escluso il tema dell'omosessualità, che era allora molto diffusa.


In effetti, per i romani (e per i greci) gli omosessuali non costituivano né avrebbero potuto costituire una categoria di persone a sé stante. Non perché non esistessero gli omosessuali assoluti (coloro, cioè, che erano attratti unicamente da persone del medesimo sesso), ma perché, per gli antichi, non aveva senso classificare le persone in base all'orientamento sessuale. Se oggi questo avviene, lo dobbiamo alla sproporzionata importanza che la sessualità ha assunto nella società moderna, che ha introdotto, per la prima volta nella storia, la classificazione delle persone in base alle loro inclinazioni erotiche. Così esistono non solo gli omosessuali, ma anche i sadici, i masochisti, i feticisti e così via.

La ragione dell'atteggiamento degli antichi è che essi avevano ben presente la differenza non solo tra naturale e innaturale, ma anche tra volontà ed istinto. Poteva esistere, e di fatto esisteva, l'atto omosessuale, non la persona omosessuale. L'omosessualità non era vista, come avviene oggi, come una natura particolare che connota in modo permanente la persona e dalla quale non si può prescindere. Era piuttosto concepita come una inclinazione che, per scelta volontaria, poteva o meno tradursi in pratica, proprio come, mutatis mutandis, la sessualità normale. Volendo semplificare molto, per gli antichi la persona era quello che faceva, quello che pensava, quello che decideva, non quello che provava nei recessi del suo istinto. Ecco perché non si parla mai (e non se ne è parlato fino alla rivoluzione sessuale degli anni 70, quando il sesso è diventato la "forma propria" dell'esistenza umana) degli omosessuali come categoria.

Benché nell'antica Roma e nell'antica Grecia l'omosessualità e altre forme di perversione fossero ampiamente praticate, ma nessuno, neppure Caligola (che nominò senatore un cavallo) o Nerone (che inscenò un matrimonio con un eunuco) ventilò anche solo l'idea che unioni di questo tipo fossero riconosciute a livello ufficiale.

Il passare del tempo o l'evolversi della società non muta l'attitudine delle persone, ma solo il modo in cui essa si manifesta. Non è vero, dunque, che nell'antichità non esistesse l'omosessualità per come la concepiamo oggi. Esisteva, eccome. Solo che le persone che la praticavano non erano considerate una categoria diversa dal resto. E ciò indipendentemente dal giudizio morale, assai variegato, che gli antichi davano sull'atto omosessuale.

Quanto all'equiparazione tra naturale ed esistente in natura, dobbiamo affermare con decisione che essa è semplicemente falsa. In ambito morale, quando si parla di "atto naturale" non si intende "atto esistente in natura", ma "atto conforme alle leggi di natura" ossia ordinato al fine stabilito dalla natura per quell'atto. Se così non fosse, dovremmo dire che l'omicidio, esistendo, è un atto naturale; che l'incesto, esistendo, è un atto naturale; che la pedofilia, esistendo, è un atto naturale. Le peggiori nefandezze diventerebbero naturali. Anzi, ci sarebbe da domandarsi se qualcosa possa essere definito atto innaturale; poiché, in questa prospettiva, per essere innaturale dovrebbe essere pure inesistente. Di conseguenza, l'innaturalità dell'atto omosessuale non sta nella sua non esistenza in natura (il che sarebbe assurdo); non sta neppure nella sua ripugnanza (che è relativa al soggetto e non alla morale, che per definizione dev'essere oggettiva); sta invece nel suo disordine, ossia nella sua estraneità completa al fine che la natura ha assegnato all'atto sessuale: la procreazione. La distinzione tra normale e anormale è capziosa e non ha valore in campo morale. Possono esistere, infatti, atti anormali (cioè praticati da una piccola minoranza) ma leciti, e atti normali (cioè praticati da una grande maggioranza) ma illeciti. Due coniugi che vivono di comune accordo in castità perfetta (come il filosofo Maritain e la moglie Raissa) hanno un comportamento anormale o, per meglio dire, fuori dalla norma, ma non per questo immorale.


(Daniele Di Sorco)

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