sabato 30 giugno 2012

Mons. Fellay oggi a Ecône: «siamo al punto di partenza»

 

Il Superiore Generale della Fraternità San Pio X , il Vescovo Bernard Fellay, questa mattina a Ecône, in Svizzera ha ordinato sacerdoti e diaconi. Nel suo sermone, ha incluso alcuni commenti sulla situazione attuale delle relazione tra Roma e la FSSPX :

«Nel celebrare la festa di san Pietro e san Paolo, non possiamo non pensare a Roma. E non possiamo dimenticare l'amore che aveva per Roma il nostro fondatore, e che avrebbe voluto e che voleva inculcare nei suoi figli. Siamo Romani! E questo non possiamo lasciarlo andare! Anche se viviamo in tempi difficili, anche se dobbiamo soffrire a causa della Roma di oggi, questo non può affatto offuscare questo amore vero, effettivo e affettivo per Roma, perché era il buon Dio colui che ha scelto questa città per essere capo della Chiesa. Questo non significa che noi amiamo gli errori, no davvero, ne soffriamo. Ma non dobbiamo lasciarci disgustare da quello che succede, fino al punto di rinunciare. No, è necessario resistere; che è quello che cerchiamo di fare.
Certamente, mi chiedete, 'Cosa sta succedendo a Roma'? Se fino ad ora non abbiamo detto quasi nulla, è perché non abbiamo molto da dirvi. Fino ad ora, le cose sono in una fase stagnante, si può dire, o addirittura ad un punto morto. Nel senso che ci sono stati va e vieni, scambi, corrispondenze, proposte, ma siamo al punto di partenza. Il punto di partenza in cui avevamo detto di non essere in grado di accettare, né di firmare. Siamo qui, questo è tutto. Si vede bene da una parte ciò che rende complicata questa situazione. È già da due o tre anni che lo dico che ci troviamo a Roma davanti alla contraddizione. È dal 2009, che lo lo ripeto, e si può dire che ciò si verifica ogni giorno. È la situazione della Chiesa, cosa volete? Ci sono coloro che tirano, che desiderano andare ancora più in là, possiamo dire, col progressismo e le sue conseguenze. Ci sono altri che vorrebbero fossero attuate correzioni. E noi, in mezzo, siamo diventati come una pallina da ping pong, che ognuno colpisce. Sappiamo che alla fine, alla fine, la Chiesa ritroverà di nuovo se stessa, e spetta a noi, a noi, mantenere nel nostro cuore la volontà di non soddisfarci di un certo comfort in una situazione che semplicemente non è normale. Non bisogna, in definitiva che, abituati ad avere più o meno tutto quello di cui abbiamo bisogno, si consideri la situazione nella quale ci troviamo come normale. Questo non è vero. Semplicemente non è vero. È normale che cerchiamo, con il rispetto per tutte le condizioni che sono necessarie, evidentemente, di recuperare questo titolo, che è il nostro, a cui abbiamo diritto, di cattolici. Questo non significa che dobbiamo prostrarci ai modernisti, non c'è niente a che vedere con questo.


Ma è una situazione difficile, difficile, tutto sembra elettrico, si vede chiaramente che il diavolo scatenato corre su tutti i lati. E quindi, questo è il momento della preghiera. È un momento difficile. Per noi, di noi, si dicono ogni sorta di cose. Caro Dio, l'unica cosa che desideriamo è fare la volontà di Dio, questo è tutto. La volontà di Dio si esprime in fatti. Per noi è chiaro che quest'opera che Monsignore ha fondato non si tratta comprometterla. È anche chiaro che non possiamo portare a tutta la Chiesa un bene se non rimanendo fedeli all'eredità di Monsignore. Da qui vengono queste famose, non so, "condizioni", "assicurazioni", che abbiamo presentato più volte, che devono garantire che la Fraternità resterà quello che è. Se, in un certo momento, una collaborazione è concepibile, quando, come, le circostanze lo dimostreranno».

(Testo tratto e tradotto dal blog Chiesa e post concilio )

( Audio: DICI ) Fonte: Rorate Caeli

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